BCF ARTE, per l’evento “6 aperitivi in 6 studi inclusivi” presenta la performance delle Young Writers Marnie Visciglia e Marina Chiantore nel lavoro MURI APERTI All’interno di questo evento collettivo all’insegna del rapporto architettura-arte-psicologia, la tematica dei Muri Aperti risuona più che mai attuale. Con la cronaca che ci racconta di muri fisici che si tornano ad erigere e muri metaforici che continuamente mettiamo tra noi e l’altro, l’arte se ne appropria e si fa denuncia, punta il dito ma, contemporaneamente, si erge a istanza salvifica. I writers usano i muri e li combattono con le loro scritte di protesta innalzandoli a simbolo di tutte le barriere e le ingiustizie. Ne fanno messaggio sociale, politico, estetico. Perché per loro, in un mondo globalizzato come quello attuale, suona quasi anacronistico alzare ancora muri. Questi, in un futuro, verranno comunque demoliti che si voglia o no perché le nuove generazioni sono già interconnesse con ogni parte del mondo. Superano i limiti fisici, le barriere le hanno già abbattute, per loro sono già Muri Aperti. I loro sono muri che “accolgono”. Accolgono le parole, i pensieri, le emozioni e le ribellioni. Sono inclusivi, non esclusivi, perché ognuno può lasciare traccia di sé, raccontando una storia, urlare un’ingiustizia o semplicemente abbellirli con un segno grafico luminoso e impattante. Si ha voglia di aprirli, quei muri, per lasciare passare chi è diverso da noi, chi arriva da storie paurose, chi semplicemente bussa alla tua porta. Perché quei muri sono anche la metafora dei nostri limiti da superare, delle nostre paure. Muri che costruiamo a volte dentro noi stessi, contro noi stessi e la nostra capacità di spiegare le ali e volare. Perché la paura è un sentimento potente che ci allontana dalla nostra vera natura. E quindi apriamo i nostri muri lasciando entrare l’arte, la bellezza, la giustizia e l’altro da noi. Il fenomeno del graffitismo nasce nell’America degli anni ’60, nella periferia urbana prevalentemente nera dei quartieri degradati ed è chiaramente legato al disagio metropolitano. Gli anonimi artisti scelgono i grandi spazi lasciati vuoti dal degrado urbano per affermare un proprio diritto alla parola. In Italia si diffonde negli anni ’80 attraverso il grande veicolo dell’hip hop, fenomeno culturale e musicale americano che vive la città come spazio di vita e di espressione. Il bisogno di lasciare una traccia come affermazione di se’ è antico nella storia dell’uomo , inteso e come specie umana (i graffiti nelle caverne) e come individuo (lo scarabocchio del bambino piccolo). Nell’adolescente, il bisogno urgente di trovare una propria identità, all’interno della collettività adulta in cui sono inseriti, si esprime attraverso i linguaggi propri di una fase dell’esistenza carica di potenzialità positive per la comunità tutta. I graffiti sono parole che attraverso un’elaborazione grafica delle lettere si trasformano in disegno. Pertanto nel graffito c’è un pensiero che determina la scelta di una parola e c’è una capacità creativa che interpreta con forme e colori la parola stessa. Linee e cromatismi rafforzano il significato ed il messaggio insito nella parola scelta. I writers intendono portare bellezza laddove non esiste, infatti per lo più gli spazi scelti sono grigie periferie urbane, muri degradati, stazioni dismesse….. Il graffitismo è ormai riconosciuto come arte in numerosi settori del mondo artistico e culturale. Paradossalmente esistono normative che accomunano chi deturpa un monumento con chi, artista, crea un opera su un muro diroccato fuori città conferendo al luogo un valore estetico.