Si inaugura oggi al museo di Sant’Agostino, a Genova, OKHROS personale dell’artista Lliana Bastia.

“Ogni volta che oltrepasso la soglia del mio laboratorio è come se entrassi in uno spazio senza tempo, in una realtà dove il tempo perde la sua connotazione di limite e vengo inglobata in una realtà “altra” dove non esiste più nessun tipo di costrizione. La creatività e la libertà restano in attesa dell’ispirazione”. Cito questo pensiero che Liliana Bastia mi espresse un giorno nel suo studio, perché rende perfettamente chiaro sia il concetto di salto in un “tempo senza Tempo” rappresentato in queste opere eseguite per il Museo di Sant’Agostino, sia perché in esso è condensato quello che per lei è il concetto di artista e cioè una totale estraniazione dall’esterno che la porta a perdersi dentro il suo lavoro e se stessa: ella non è mera osservatrice della realtà ma esecutrice di un pensiero più profondo che si fa emozione imperiosa sulla tela. In questa sua personale ha voluto fare un’operazione di ricerca formale e ideologica che parte dall’iconografia primitiva dei graffiti paleolitici con i quali l’uomo, sentendo l’esigenza di rappresentare la propria realtà e il proprio sentire, ha incominciato ad eseguire quelle che sono le prime testimonianze dell’arte umana, esprimendosi con un gesto diretto, non filtrato da alcuna sovrastruttura. Pablo Picasso sosteneva che “da Altamira in poi tutto è decadenza, nessuno di noi è in grado di dipingere così bene”. E Liliana Bastia si trova perfettamente a proprio agio in un linguaggio al quale è arrivata dopo anni di lavoro pittorico e introspettivo. Dalla pittura romantica e visionaria dei primi anni dove il richiamo a Fussli e Blake è evidente, è andata gradualmente rimuovendo quelle implicazioni psicologiche che facevano dei precedenti lavori opere grandemente espressive, di tormenti e di furori che agitavano ed esaltavano sulla tela figure quasi mitologiche. Nel suo percorso di artista, ma soprattutto di persona identitaria, è arrivata all’oggi con l’apparente semplicità del gesto unico e immediato spinto sì dall’istinto, ma frutto di anni di ricerca e studio, complice non ultimo, la precisione e la forza dell’incisione, altro caposaldo del suo lavoro. E’ come se l’animo tormentato fosse finalmente giunto alla quiete e, per essere rappresentato, sentisse il bisogno di tornare agli albori dell’uomo, a quel gesto primitivo citato e ricercato da Picasso appunto, che con la sua rottura della forma ha poi rivoluzionato tutta l’arte moderna. Ma Bastia non si ferma solo alla forma perché se la rappresentazione iconografica richiama le grotte di Altamira e Lascaux e l’uomo preistorico, i soggetti che prende in esame sono quegli animali che nell’arte romanica vengono grandemente utilizzati. Nelle opere c’è l’accostamento ad un nuovo alfabeto simbolico dove le immagini propongono l’animale col suo significato arcaico. La mentalità medievale è mentalità religiosa fortemente imperniata sul simbolo e sull’allegoria e l’arte stessa ne è pregna in quanto strumento e veicolo di cultura da parte della classe dominante verso i subalterni. L’animale fa comunque parte dell’iconografia artistica di Liliana Bastia, che da sempre rappresenta cavalli e soprattutto tori. Ma in questi lavori va a ricercare principalmente gli animali dei capitelli romanici: l’ariete o caprone, come nel quadro di apertura nel quale la sua grande testa riempie tutta la tela, e che simboleggia la lussuria, legato al culto di Bacco. O l’aquila, simbolo di San Giovanni Evangelista, che si eleva a rappresentare la preghiera e la via verso la salvezza in un dipinto dove la lotta tra il bene e il male viene espressa attraverso il bue, forza e pazienza, che sovrasta e vince il capro. Dipinge due cervi, animali che incarnano la figura del fedele perseguitato, la prudenza e la lotta del bene sul male, con le teste rivolte una di fronte all’altra come nella stele di Daniele tra i leoni. Il cavallo lo ritroviamo in diversi quadri ma il più significativo reca su di sé la scritta Saturno, il Kronos dio del tempo per gli antichi, ma anche dio della fatica e dell’introspezione per l’astrologia. Le sue opere sono un viaggio a ritroso del tempo che ci porta nella storia e nel mito con l’arte che ferma l’istante su tela e lo rende eterno. “Poiché ci sono innumerevoli cose che oltrepassano l’orizzonte dell’umana comprensione, noi ricorriamo costantemente all’uso dei termini simbolici e dei simboli per rappresentare concetti difficili da definire. Questa è una delle ragioni per cui tutte le religioni e le tradizioni esoteriche impiegano un linguaggio simbolico e delle immagini” C.G.Jung Gli animali di Liliana, come tutto il suo lavoro, trasmettono forza, energia, vitalità. Descritti con poche linee essenziali a volte diventano astratti, dominano i colori caldi delle ocre (da qui il titolo) e delle terre, in un omaggio rieditato verso quell’oro bizantino anch’esso presente nelle sale del Museo di Sant’Agostino. Nel suo viaggio in un “tempo senza Tempo” Liliana Bastia è riuscita a reinterpretare, col suo sentire emozionato ed emozionante, il percorso dell’uomo verso quella ricerca dell’innalzamento del Sè attraverso l’Arte che ci accompagna fin dalla notte dei tempi

A cura di Barbara Cella