Cosa è l’arte? Cosa è definibile oggi col termine di “arte contemporanea”. Credo che questa sia la domanda principale, per gli appassionati, di questi ultimi vent’anni. Perché dentro questa denominazione trova posto ogni sorta di espressione artistica, visiva, corporale, musicale pensata, diffusa e celebrata, stimolata dalla continua innovazione tecnologica che contraddistingue la nostra era e che influenza costantemente la società e la realtà e conseguentemente l’arte stessa che ne fa denuncia. Ma io credo che l’arte stia, ancora oggi, soprattutto nel sentire all’interno di noi stessi e sia indissolubilmente legata all’uomo. Perché l’essere umano è tutt’ora quella perfezione di creatività, studio, volontà di accrescimento di se stessi che lo porta ancora alla ricerca di quell’emozione da poter trasmette a chi sente la voglia di arricchirsi con la sua bellezza. Ecco, io credo che MARCO PONTE incarni totalmente quella figura di artista che oggi sembra essere stata messa in secondo piano dal “business” globale che purtroppo ha toccato anche il mondo dell’arte. Egli cita Kandinsky per spiegare il suo mondo: “chi non sa sentire a lui l’arte rimarrà oscura e muta”. Egli ha infatti un suo percepire interiore, una sofferenza sottesa che non lo lascia mai. Si nutre di arte e per l’arte va oltre gli schemi predefiniti. Le sue opere sono graficamente ineccepibili, dal tratto pulito e serico, dai colori chiusi, senza sfumature, con il bianco, il nero e il rosso di “mondrianiana” memoria che però lasciano il geometrismo formale per sciogliersi in figure dolenti e drammatiche. Perché la fredda e perfetta iconografia dei suoi quadri sottende sempre una tematica di forte denuncia sociale. Egli traspone su tela le contraddizioni del vivere odierno con le sue oscenità che lui rende freddamente visive e quindi ancora più drammatiche. Le morti sul lavoro, le ipocrisie della Chiesa, gli abusi, le violenze sulle donne: la sua sensibilità lo porta a denunciare le ingiustizie sociali e a rappresentare questa umanità sofferente dentro la quale anch’egli si sente di far parte. Ma lucidamente se ne distacca quando il suo pennello disegna linee pulite, grafiche ed essenziali. Più la denuncia è forte più la rappresentazione è fredda, chirurgica. I suoi quadri sono pugni allo stomaco che vibrano nella coscienza ma anche, quando è stanco di un’ emozione che interiorizza troppo nella propria psiche, rielaborazione colta di classici dell’arte che rende personali con l’ironia, questa volta, del suo tratto. Artista che non si ferma mai nell’innovazione, prova a tornare alla scultura, primario studio del suo percorso, con quadri in tre dimensioni che inserisce in scatole di legno quasi per imprigionare la creazione in quell’attimo infinito. E si torna al concetto del significato attuale di arte: emozione? Denuncia? Innovazione? Marco Ponte è tutto questo.